“La nota personalità è deceduta”. Con queste parole finì la vita di uno dei giudici più grandi della storia italiana.
Era il 23 maggio 1992 e Giovanni Falcone stava viaggiando, con la moglie e la sua scorta, sull’autostrada siciliana che porta a Palermo.
All’altezza di Capaci, una mano assassina fece esplodere l’intera sede stradale, con un carico di 500 kg di tritolo.
Fu una carneficina: il giudice, la moglie e 3 agenti della scorta rimasero uccisi nel tremendo scoppio.
Subito si attivarono i soccorsi, con Falcone che fu portato immediatamente all’ospedale di Palermo.
Si disse che era illeso in un primo momento, ma non fu così.
Morì dopo poco in ospedale. Troppo gravi le ferite riportate.
La frase detta via radio da uno degli agenti fu come una lancia che trafisse il cuore di chi amava quell’uomo semplice ma determinato.
L’ex ministro Caselli, suo amico, a distanza di 28 anni lo ricorda ancora con le lacrime agli occhi. Erano amici e lo stesso ex ministro lo volle come suo scudiero agli Affari Penali che negli anni ’90 era considerato, dopo il ministro della giustizia, come il ruolo più importante.
Oggi, a 28 anni da quella tragedia, il ricordo di quell’uomo è ancora vivo e la lotta alla mafia continua in suo nome.
Onore a lui ed ai caduti di quel tragico 23 maggio 1992.